Sister Act a marzo al Teatro Metropolitan
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Produzione firmata da Alessandro Longobardi (direttore artistico del Teatro Brancaccio) che ha dato vita al progetto firmato Viola Produzioni in collaborazione con Compagnia della Rancia, “Sister Act” è un grande successo sia a Londra che a Broadway. Lo spettacolo è un concentrato di allegria e divertimento: un musical per tutti, un’occasione per trascorrere due ore spensierate e lasciar aprire il cuore alle emozioni. Una storia dinamica, piena di ritmo tra gangster e novizie, inseguimenti, colpi di scena, rosari, paillettes e con un finale davvero elettrizzante. Venticinque splendidi brani musicali scritti dal premio Oscar Alan Menken (autore delle più celebri colonne sonore Disney come “La Bella e la Bestia”, “La Sirenetta”, “Aladdin” e tante altre) che spaziano dal soul al funky, dalla disco anni ’70 alle ballate pop, dai cori gospel alle armonie polifoniche. Tantissima musica, dunque, voci straordinarie (la direzione musicale è di Stefano Brondi) e coreografie originali, firmate da Rita Pivano, che trascinano il pubblico e trasmettono la voglia di ballare. Centinaia di costumi (disegnati da Carla Accoramboni) per i 22 artisti in palcoscenico, con gli abiti delle suore che si accendono piano piano di luci e di colori, fino allo sfavillio finale, quasi accecante grazie all’utilizzo di migliaia di paillettes. Imponenti e suggestive le scenografie di Gabriele Moreschi, con ben 24 cambi scena: una complessa macchina teatrale che permette di passare nel tempo di poche note musicali dal nightclub al refettorio delle suore, dalla stazione di polizia all’ufficio della superiora, mantenendo il ritmo incalzante che caratterizza tutto lo spettacolo. Il testo e le liriche sono tradotti da Franco Travaglio, completano il team creativo Valerio Tiberi al disegno luci, Emanuele Carlucci al disegno fonico e il direttore di produzione Carlo Buttò. “Abbiamo spostato l’ambientazione dagli anni ’80 del film agli anni '70, nel 1978 per la precisione, con tutta la carica musicale dirompente di quegli anni – spiega il regista Saverio Marconi - Una colonna sonora incredibile, con le suore che, sul palcoscenico, ballano moltissimo, si scatenano. Ma soprattutto cantano: le loro voci vi lasceranno senza fiato! È la musica infatti il collante di questa storia, secondo le prospettive dei vari personaggi: la musica che unisce mondi diversi, la musica che avvicina a Dio, la musica che dà la forza di inseguire un sogno. Proprio come Deloris e Maria Roberta, ognuna alla ricerca della propria identità, due realtà così distanti eppure così legate nell'anima, due cuori che battono all'unisono a tempo di musica.” Il ruolo di Deloris (ovvero "Suor Maria Claretta"), il ciclone che travolgerà la tranquilla vita del convento, è affidato alla madrilena Belìa Martin, già applauditissima protagonista dell’edizione spagnola del musical e anche protagonista straordinaria a Roma. Un cast d’eccezione, dunque, quello diretto da Saverio Marconi: il noto attore e conduttore televisivo Pino Strabioli, dopo il successo ottenuto con il programma “E lasciatemi divertire” su Rai 3 con Paolo Poli e i recenti successi teatrali (“WikiPiera” con Piera Degli Esposti e “L’abito sposa”), per la prima volta affronterà il musical nel ruolo di Monsignor O’Hara. Sul palcoscenico ancora Suor Cristina che torna entusiasta dopo l’esperienza dell’anno scorso. Insieme a loro, performer di grande esperienza come Jacqueline Maria Ferry nel ruolo della Madre Superiora, Felice Casciano (“Pinocchio”, “Frankenstein Junior”, “La piccola bottega degli orrori”, “A qualcuno piace caldo”) nel ruolo di Curtis il gangster con la sua voce calda, profonda in puro stile Barry White e nuovi talenti come l’esordiente Marco Trespioli che ha conquistato con la sua voce tenorile il ruolo del Commissario Eddie.

 BELIA MARTIN è DELORIS VAN CARTIER

Nata a Madrid da madre cubana, è stata protagonista della versione spagnola del musical Sister Act. La sua formazione musicale è ricca e varia. Comincia infatti studiando canto al Conservatorio (con Maite Delgado e in masterclass con il famoso tenore Alfredo Kraus), pianoforte e chitarra. Prosegue studiando tecnica vocale e interpretazione con Virginia Prieto, Sara Matarranz e Ana Castillo. Parallelamente, studia danza e recitazione. Fa parte della corale polifonica della Paz, del coro Vocherini e collabora con cori gospel e gruppi musicali. Tra le altre esperienze internazionali, l’Afrodisian Orchestra, con il compositore e direttore Miguel Blanco. È nello spettacolo musicale "Forever king of pop" (omaggio a a Michael Jackson, con il riconoscimento ufficiale della famiglia Jackson). Partecipa a tour in Francia, Polonia, Repubblica Ceca, Svizzera, Porto Rico e al festival internazionale Starlight Festival nel 2013. È inoltre vocalist del gruppo funky Nazzan grein. Fa parte della corale polifonica della Paz e del coro Vocherini e collabora con cori gospel e gruppi musicali. Attualmente è direttore musicale di un nuovo progetto sulla vita di Michael Jackson.

 PINO STRABIOLI è MONSIGNOR O’HARA

Attore, autore, conduttore televisivo, si divide fra piccolo schermo e teatro, ha lavorato fra gli altri con Paolo Poli, Franca Valeri, Gabriella Ferri, Piera Degli Esposti,Paolo Villaggio, Marina Confalone, Roberto Herlitzka, Sandra Milo, Anna Mazzamauro, Mario Monicelli, Pupi Avati, Citto Maselli, Patrick Rossi Gastaldi, Ugo Gregoretti, Italo Dall’Orto, Marco Parodi, Maurizio Panici. Fra i programmi televisivi T’amo TV con Fabio Fazio (TMC), Souvenir d’Italie e Senza fissa dimora (TMC), Uno Mattina (Rai Uno), Cominciamo Bene Estate (Rai Tre), That’s Italia (la7d), Apprescindere ed Elisir (Rai Tre). Per 10 stagioni ha condotto Cominciamo bene prima (striscia quotidiana dedicata al palcoscenico e ai suoi protagonisti), sempre a Rai Tre è autore e conduttore di Il Cartellone di Palco e Retropalco e di Colpo di scena (otto serate con Dario Fo, Paolo Poli, Franca Valeri, Giorgio Albertazzi, Valentina Cortese, Piera Degli Esposti, Carlo Giuffrè , Gigi Proietti). Ha collaborato al quotidiano l’Unita’, curato il volume Gabriella Ferri Sempre (Iacobelli), con Paolo Poli firma il volume Sempre fiori mai un fioraio (Rizzoli 2013). Ha curato inoltre per due stagioni la programmazione della prosa di Palazzo Santa Chiara a Roma ed è direttore artistico del teatro comunale di Atri-Teramo. Da poco è andato in onda il programma E lasciatemi divertire, otto puntate condotte con Paolo Poli, sono appena terminate le repliche di Wikipiera, intervista-spettacolo con Piera Degli Esposti ed è attualmente impegnato con la commedia L’abito della sposa di Mario Gelardi, regia di Maurizio Panici.

 SUOR CRISTINA è SUOR MARIA ROBERTA

Quando Suor Cristina si presenta per la prima volta all’edizione italiana di The Voice deve spiegare che non si è vestita da carnevale. “Sono una suora vera” dice ai coach disorientati. La cover di ‘No One’ di Alicia Keys, cantata da Cristina per le audizioni, emoziona e sbalordisce tutti i coach, una volta girata la sedia in risposta al brano. In abito, copricapo e crocefisso appeso al collo, l’occhialuta 25enne siciliana si scatena ballando e cantando il brano R&B in modo trascinante. Il pubblico in studio impazzisce. E anche a casa. Nel giro di una settimana il filmato della sua interpretazione del brano della Keys – su Twitter la cantante americana lo definisce “pura energia” – si diffonde in maniera esponenziale, ottenendo più di 30m di visualizzazioni su YouTube. Nelle successive puntate Cristina canta con Ricky Martin e Kylie Minogue. Due mesi dopo quell’indimenticabile audizione, la sua performance di “Flashdance………What a Feeling” nel finale dello show le vale il 62% dei voti. Cristina ammette che è una storia straordinaria. Ma non è sempre andato tutto liscio. Dice che il bisogno, l’impulso di fare musica, di cantare è da sempre dentro di lei sin da bambina. Ma conciliarlo con la sua vocazione religiosa ha causato momenti di conflitto e crisi che solo recentemente si sono risolti. “Cantare per me è sinonimo di fede,” dice, seduta nel convento delle suore Orsoline a Milano, dove è novizia e canta nel coro della chiesa. “Ma c’è stato un momento, quando ho iniziato la mia vita religiosa, in cui ho dovuto pensarci seriamente. Ho scelto di unirmi a Dio e mettere da parte la musica. Mi sono dovuta chiedere: possono la musica e la fede convivere? Questa è la domanda cruciale. Non è stato facile. La mia famiglia non aveva quel tipo di apertura. Per loro ero tutto casa e chiesa. Ogni cosa al suo posto. In un certo senso, ho dovuto purificare la parte della mia vita dedicata al canto e unirla alle mie scelte religiose. Ora sento che posso usare la mia voce per esprimere esattamente questo: il mio amore per la vita, il mio messaggio di gioia. Ma è stato un percorso lungo.” Per Cristina il conflitto ha inizio quando in Sicilia da studentessa prende parte a un musical organizzato per celebrare la vita di Suor Rosa Roccuzzo, fondatrice dell’Ordine delle Orsoline della Sacra Famiglia. A quel punto, ricorda ridendo “cantavo con una blues band ed ero arrabbiata con tutto e con tutti, con la chiesa e le regole che pensavo mi stesse imponendo. Era la classica ribellione da adolescenti. Mi chiedevo sempre: ‘Perché devo andare in chiesa?’” La madre di Cristina incontra le suore che stanno organizzando le audizioni per il musical e, al suo ritorno a casa, invita la figlia a parteciparvi. La reazione di Cristina è un secco rifiuto. Ma l’idea dell’invito continua a tormentarla. Alla fine ho avuto la parte senza nemmeno fare l’audizione. Il mio ruolo era la giovane Rosa e mi ha fatto riflettere e pensare: ‘Chi sono io?’ Ero arrabbiata con Dio anche per questo. Ma quella parte e le domande che mi sono posta hanno cambiato la mia vita. E poi, improvvisamente ho pensato: “So cosa vuole Dio da me.” Cristina entra nel noviziato delle Orsoline e va in Brasile, dove passa due anni a lavorare con i bambini poveri. “Il Brasile ha fatto scoppiare di nuovo in me la musica,” dice, “Non riuscivo più a trattenerla. Cantavo per la gente del posto e tutt’a un tratto ho capito che musica e fede possono coesistere senza conflitti. In Nord e Sud America, c’è una grande tradizione di band cristiane, e unire musica e fede è una cosa normale. Non è così in Italia. Ed è forse questo il mio ruolo, la mia missione: cambiare le cose. Perché l’arte arricchisce la fede; non le toglie nulla.” “Il fatto che la gente potrebbe non comprendere quello che sto facendo, o il fatto che lo sto facendo, ha molto a che fare con il passato. La chiesa ha una struttura molto rigida. Ma il messaggio di The Voice ha girato il mondo e credo che questo sia la prova che la gente ha bisogno di questo tipo di messaggio, che va oltre quelle strutture e quelle barriere. Inoltre, l’attuale Papa vuole che la Chiesa sia un esempio positivo per quanto riguarda i giovani, e trasmetta un buon messaggio perché la vita è piena di cattivi esempi. Voglio trasmettere un bel messaggio. E’ indubbiamente insolito vedere una suora fare ciò e a volte tutto mi sembra in salita. Si, c’è qualcosa che non va in me se non penso alla musica. Ma è anche una cura. Mi lega a Dio. La musica mi ha scelta e io ho scelto la musica. Cos’è venuto prima? E’ come Dio. E’ Lui che sceglie te, o tu Lui? Niente è lasciato al caso. Sono nata con un dono ed è tutto per me. Mi sento di doverlo condividere”. Quando ci incontriamo, Cristina mi fa sentire il suo nuovo album e ride quando faccio un commento su come batte furiosamente il piede durante i brani più rock – compreso le cover ‘Price Tag’, ‘Try’ di Pink e ‘No One’. Sarà sempre una rocker. A passare del tempo con lei, ci si rende conto che questo dualismo non è contradditorio, ma complementare. Dentro di lei coesistono profonda fede e passione per la musica. L’album si contraddistingue per il dualismo tra i brani più veloci e quelli con passaggi più calmi e contemplativi. Ad esempio, c’è la meravigliosa empatia della versione di ‘Fix You’ dei Coldplay, in cui la sua voce circondata da un coro rinforza il messaggio di devozione del brano. Cristina dona una naturale comprensibilità a ‘Somewhere Only We Know’ dei Keane, e a ‘True Colors’ di Cyndi Lauper. E propone una versione molto personale di ‘Like A Virgin’ di Madonna. “Ho scelto brani basati sui testi e il loro significato. Alcuni mi sembrano molto cristiani, compresa ‘Like A Virgin’, che può sembrare per molti una scelta controversa, ma per me quel brano enfatizza la bellezza della trasformazione della vita. Volevo esprimere l’idea del tocco emozionale di Dio. Uscendo dal buio della mia crisi, Dio ha toccato la mia anima e mi ha ridato la dignità di essere Sua figlia. In ‘Somewhere Only We Know’ c’è una frase: “Sto invecchiando e ho bisogno di qualcuno di cui fidarmi’. Per me si tratta di trovare un nuovo luogo da dove ripartire”.