La prova
di Melania La CollaCon Carmelo R. Cannavò - Giovanna Criscuolo
Sicilia, 1905, una piccola Compagnia di Teatranti girovaghi guidata da Giovanni Ricuccio Colombo - arriva - invitata dal sindaco, in un paese di provincia. Della compagnia fanno parte: due donne sempre pronte a voler primeggiare, un figlio indolente, che non vuole recitare; un cognato deluso, represso artisticamente; due fanciulle diverse caratterialmente, rassegnate a un dispotico - ma sostanzialmente bonario e pieno di umanità - capocomico, a sua volta illuso prima e deluso poi, da un lontano amore che improvvisamente ritorna a cancellare le sue certezze di uomo e di artista. E infine un giovane, dall’atteggiamento misterioso e inquietante, disposto a tutto pur di entrare a far parte della Compagnia. Ma l’amore sarà la svolta che farà scoprire la verità, che scioglierà il rancore, i dubbi, le perplessità e le gelosie dei protagonisti della vicenda. Melania Carmela La Colla, catanese, musicista, commediografa per passione, ha esordito nel 2000 al teatro Metropolitan di Catania in veste di autrice, con il lavoro brillante – satirico “Di sta terra ci nn’è una sula” (Separatismo alla Sicula), per la regia di Toni Musumeci.
Nota di Melania La Colla: "Nel testo, nato da un’idea suggeritami da Enrico Guarneri, si accenna, fra l’altro, a situazioni realmente accadute, frutto di una ricerca storica. Una fra queste: 31 Marzo 1905, si inaugura a Catania la prima linea di Tram elettrici, ad opera dell’amministrazione De Felice.Come reale fu la dinastia dei Colombo, famiglia di Teatranti girovaghi di origine palermitana - il cui capostipite diede vita alla maschera popolare di Pasquino - seguitissima nelle vastasate che si tenevano all’interno delle baracche di legno situatepresso il porto di Palermo, adibite a teatro nei mesi invernali.Benchè l’atmosfera della commedia sia comica - grottesca (ma a tratti anche amara ed emozionante), mi sta a cuore dire che ho desiderato rendere omaggio alle dinastiedi Teatranti siciliani girovaghi dell’epoca, alla loro precarietà di vita; apparentemente lontana da quella delle piccole compagnie amatoriali attuali, ma – per certi aspetti -ancora riscontrabile, vivono con passione e onestà intellettuale questo mestiere. Ancora, ho voluto umilmente onorare il grande Eduardo, prendendo in prestito una Sua frase, estrapolata dal famoso “Discorso – testamento” che pronunciò a Taormina, il 15 Settembre 1984, poco prima della morte : “ Per il Teatro, vale la pena sbagliare, soffrire, non mangiare, non dormire, piangere, avere paura, cadere e farsi male…rialzarsi…”.